Cassazione civile sez. VI, ordinanza collegiale n. 1921 del 24.01.2019 In ordine alle violazioni al codice della strada, l’effettiva legittimità dell’esecuzione dell’accertamento mediante etilometro non può prescindere dall’osservanza di specifici obblighi formali, dalla cui violazione può discendere l’invalidità dell’accertamento stesso. In particolare rilevano l’attestazione dell’avvenuta preventiva omologazione dell’apparecchiatura che legittima la piena attendibilità del risultato conseguito attraverso la sua utilizzazione. Di conseguenza il verbale di accertamento deve contenere l’attestazione dei dati relativi allo svolgimento dei suddetti adempimenti in modo da garantire la verifica del regolare accertamento mediatnte etilometro. In caso di contestazione incombe sulla P.A. l’onere della prova circa il completo assolvimento dell’espletamento dell’evidenziata attività preventiva strumentale ai fini della legittimità dell’accertamento Con ordinanza collegiale 1921/2019 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un conducente che aveva contestato il rilevamento alcolimetrico attuato mediante apparecchiatura etilometro, ritenuto inattendibile ed illegittimo in carenza delle indicazioni ed obblighi di verifica imposte dal Centro Superiore Ricerche Prove Autoveicoli e Dispositivi (CRSPAD), per mancato riscontro dell’avvenuta corretta taratura annuale non riportata nel libretto dell’apparecchio di rilevazione.  Per la Suprema Corte compete alla Pubblica Amministrazione l’onere di provare l’attendibilità delle misurazioni effettuate per accertare il tasso alcolemico e il valido compimento delle preventive operazioni dell’omologazione e della taratura dell’apparecchio. Principio di diritto: "Alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata ispirata ai principi C.d.S. 1992 sono tenuti all’assolvimento degli obblighi di preventiva verifica della regolare sottoposizione dell’apparecchio da adoperare per l’esecuzione dell’alcooltest ai prescritti adempimenti della regolare omologazione e calibratura (ovvero taratura) cui si correla l’obbligo della necessaria attestazione della loro verifica nel verbale di contestazione.Di conseguenza, sussiste violazione dell’art. 2697 c.c. qualora la competente P.A. ha omesso di fornire la prova degli adempimenti sopraindicati, qualora parte ricorrente opponente all’accertamento ne ha contestato e prospettato la mancata indicazione nell’opposto verbale di accertamento della violazione amministrativa." A seguito di opposizione avverso verbale di accertamento della Polstrada per violazione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), per positività del conducente all’alcoltest, veniva contestata l’illegittimità del controllo effettuato per assenza di indicazioni relative alle verifiche del CSRPAD, e mancato riscontro di taratura annuale in quanto non riportato nel libretto dell’apparecchio di rilevazione (etilometro). Per la Corte d’Appello capitolina la prova contraria in ordine alla legittimità dell’accertamento incombeva sul contravventore. Per la Cassazione penale, sentenza n. 17463/2011, l’art. 379 reg. esec. C.d.S. 1992, indica le sole verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere adoperati ed omologati, senza prevedere alcuna ulteriore prescrizione la cui violazione avrebbe potuto determinare l’inutilizzabilità delle prove acquisite.Con il primo motivo il ricorrente ha prospettato violazione dell’art. 2967 c.c. in ordine alla ripartizione dell’onere della prova, nonchè della L. n. 689 del 1981, artt. 3,22 e 23, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. In particolare, si contestava aver il giudice di secondo grado imputato illegittimamente al ricorrente l’onere della prova relativo all’inattendibilità delle misurazioni effettuate per accertare il tasso alcolemico riscontrato, a fronte della contestata omessa verifica e compimento delle preventive operazioni di omologazione e taratura dell’etilometro utilizzato per l’accertamento.Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto - con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - la nullità della sentenza e del procedimento per asserita violazione dell’art. 112 c.p.c. in dipendenza dell’omessa pronuncia su un’eccezione dallo stesso sollevata in sede di appello, avuto riguardo alla mancata valutazione della questione riguardante l’omessa costituzione dell’opposta Amministrazione e della mancata trasmissione degli atti concernenti il procedimento amministrativo sanzionatorio.L’intimato Prefetto di Roma non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità .Su proposta del relatore, che riteneva inammissibili i motivi del ricorso così come articolati - con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1) - il presidente fissava l’adunanza della camera di consiglio.Ad un esame più approfondito della questione prospettata il Collegio ritiene sussistere le condizioni per pervenire all’accoglimento del primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo.Occorre procedere ad una verifica sistematica sulla natura giuridica del giudizio diopposizione a sanzioni amministrative e sul relativo riparto dell’onere probatorio.L’oggetto di siffatto giudizio consiste nell’accertamento della legittimità dell’atto amministrativo impugnato, nonché della stessa pretesa sanzionatoria esercitata attraverso l’emissione del medesimoprovvedimento.In sostanza, a) il giudizio di opposizione a sanzione amministrativa si configura come un giudizio rivolto all’accertamento del fondamento della pretesa sanzionatoria b) il suo oggetto è delimitato, quanto alla posizione dell’opponente, dalla causa petendi fatta valere con l’opposizione c) la posizione della P.A. si sostanzia nel divieto di dedurre, a sostegno della propria pretesa, motivi diversi da quelli enunciati nell’ordinanza-ingiunzione (o, comunque, nel provvedimento sanzionatorio considerato equipollente), d) il giudizio in questione investe la legittimità formale e sostanziale di detto provvedimento, con esclusione del potere del giudice di rilevare d’ufficio eccezioni relative a vizi del provvedimento o del procedimento che ne ha preceduto l’emanazione, salvo che essi incidano sull’esistenza dell’attoimpugnato.Sulla scorta di questa impostazione incombe all’Amministrazione, quale parte sostanziale avente la posizione di attrice (ricoprendo, sotto quello formale, il ruolo di convenuta-opposta), l’obbligo di fornire la prova adeguata della fondatezza della sua pretesa. Al ricorrente opponente compete al contrario - qualora dedotti fatti specifici incidenti o sulla legittimità del procedimento amministrativo sanzionatorio espletato o sull’esclusione della suaresponsabilità relativamente alla commissione dell’illecito - provare le circostanze negative contrapposte a quelle allegate dall’Amministrazione ( così Cass. n. 3837/2001, n. 3837; Cass. n. 2363/2005; Cass. n. 5277/2007; Cass. n. 12231/2007; Cass. n. 27596/3008; Cass. S.U. n. 20930/2009; Cass. n. 5122/2011 e, da ultimo, Cass. n. 4898/2015).Mentre l’onere di allegazione è a carico dell’opponente (che deve indicare quali sono gli elementi della fattispecie carenti in fatto e/o in diritto), l’onere della prova si applica la regola ordinaria sancita dall’art. 2697 c.c.. Tuttavia assume rilevanza la riferita precisazione in base alla quale di fronte al giudice, una voltaformulata l’opposizione, non si discute propriamente dell’atto ma della fattispecie produttiva dell’effetto, perchè nei limiti in cui la parte opponente abbia sollevato le relative contestazioni spetta alla P.A. dimostrare i fatti costitutivi ed all’opponente comprovare i fatti impeditivi, modificativi e/o estintivi dell’effetto giuridico del provvedimento sanzionatorio oggetto del giudizio.La prova dell’esistenza dei fatti costitutivi dell’obbligo si pone a carico della P.A. (del resto il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, l’attuale comma 11 e art. 7, l’attuale comma 10 - così come prima la L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 11 - recitano: "Il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente"). Sulla scorta di tale sistematica premessa, consegue che incombe alla P.A., nel predetto giudizio -ove costituiscano oggetto di contestazione ad opera del ritenuto trasgressore - A) l’onere della prova relativa alla legittimità dell’accertamento presupposto dal provvedimento irrogativo della sanzione amministrativa sotto il profilo dell’osservanza degli adempimenti formali previsti dalla legge, B) l’onere della piena prova della legittimità del susseguente procedimento sanzionatorio fino al rituale compimento dell’atto finale che consente la valida conoscenza del provvedimento applicativo della sanzione alla parte che ne è destinataria.Con l’originario atto di opposizione, reiterato con l’atto di appello, s’è dedotto l’onere probatorio in capo al Prefetto circa la piena attendibilità dell’accertamento e la verifica del corretto funzionamento dell’etilometro al momento della rilevazione, anche con riferimento all’attestazionedella sua regolare omologazione. Censure respinte dal giudice di secondo grado che ha ritenuto dover ricadere la prova relativa alla sussistenza di vizi od errori della strumentazione o del metodo dell’esecuzione dell’accertamento in capo al ricorrente, evidenziando, altresì, l’irrilevanza dell’allegazione, da parte di quest’ultimo, di difetti o della mancata omologazione dell’apparecchio. Il giudice di appello, a completamento del suo ragionamento (fondato, peraltro, su un indirizzo della giurisprudenza penale di legittimità ), ha sostenuto che, ancorchè il D.P.R. n. 495 del 1992, art. 379 (c.d. regolamento di esecuzione del codice della strada) riporti le verifiche alle quali gli etilometri devono essere sottoposti per poter essere adoperati, non risulta, tuttavia, previsto alcuno specifico adempimento la cui violazione determini l’inutilizzabilità dei risulti conseguenti al controllo effettuato.La ricostruzione operata dal Tribunale capitolino non è - ad avviso del collegio - condivisibile e, pertanto, coglie nel segno la censura in esame dedotta dal ricorrente.Nell’inquadrare complessivamente le preventive caratteristiche di cui deve essere dotato l’apparecchio dell’etilometro utilizzato dagli organi di polizia stradale in funzione della configurazione della piena attendibilità della correlata attività di accertamento, bisogna porre riferimento, in via principale, alla disciplina risultante dal cit. D.P.R. n. 495 del 1992, art. 379, dedicato, per l’appunto, alla "guida sotto l’influenza dell’alcool".In particolare, dai commi 5, 6, 7 e 8 di tale disposizione normativa, si desume che:a) gli etilometri devono (in tal senso recita testualmente la norma, donde la necessità dell’osservanza di un vero e proprio obbligo di conformazione) rispondere ai requisiti stabiliti con disciplinare tecnico approvato con decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione di concerto con il Ministro della Sanità (comma 5); b) essi sono soggetti alla preventiva omologazione da parte della Direzione generale della M.T.C. che vi provvede sulla base delle verifiche e prove effettuate dal Centro Superiore Ricerche e Prove Autoveicolo (c.d. CSRPAD) in modo tale da verificarne la rispondenza ai requisiti prescritti (comma 6); c) i medesimi apparecchi, prima della loro concreta utilizzazione, devono essere sottoposti a verifiche e prove presso il citato CSRPAD, da cui deriva la necessità della loro sottoposizione ad una visita preventiva (comma 7) secondo le procedure stabilite dallo stesso Ministero dei Trasporti, che si risolve, in effetti, nella c.d. taratura obbligatoria annuale, il cui esito positivo deve essere annotato sul libretto dell’etilometro, con la precisazione che, in caso di esito negativo delle verifiche e prove, l’etilometro è ritirato dall’uso (comma 8).Questo complesso normativo deve essere, poi, raccordato con le prescrizioni relative al disciplinare tecnico richiamato dal comma 5 dell’esaminato D.P.R. n. 495 del 1992, art. 379, che venne precedentemente approvato con decreto del Ministero dei Trasporti n. 196 del 22 maggio 1990. Esso sancisce - all’art. 4 - che ogni etilometro deve essere accompagnato dal libretto metrologico che contiene i dati identificativi dell’apparecchio misuratore (costruttore, matricola, conformità ,omologazione) e la registrazione delle operazioni di controllo subite dall’apparecchio presso il Centro prove del Ministero dei trasporti. Inoltre, l’art. 2, comma 2 prevede che gli etilometri devono rispondere ai requisiti stabiliti dall’allegato tecnico allo stesso decreto. Per l’art. 3, comma 2, i singoli apparecchi prima della loro immissione in uso e periodicamente, devono essere sottoposti a verifiche e prove (secondo norme e procedure stabilite dal Ministero dei trasporti - Direzione generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione d’intesa con il Ministero della sanità ); Per l’art. 5 i dispositivi di regolazione degli etilometri con riferimento, in particolare, a quelli di taratura dello zero e di calibrazione, non possono essere accessibili agli utilizzatori e vanno protetti mediante sigilli o sistemi equivalenti: al riguardo si aggiunga che l’allegato al D.M., art. 2, comma 10, dispone che l’apparecchio deve essere dotato di dispositivo che permette di verificare se lo strumento resti calibrato. E’, poi, importante mettere in risalto come lo stesso allegato, art. 3, comma 8, (intitolato "Verifica di buon funzionamento") stabilisca che: La verifica del funzionamento dello strumento comprende, in particolare: - la verifica di un numero soddisfacente di elementi interni dello strumento; - la verifica del svolgimento del ciclo di misura; - la verifica della giusta calibratura. Gli strumenti devono procedere automaticamente alla verifica del buon funzionamento prima diogni misura visualizzandone il risultato e dopo ogni misura che abbia portato ad un risultato superiore al valore massimo consentito. Il risultato della misurazione deve essere fornito soltanto dopo la verifica del buon funzionamento. Quando una anomalia, un difetto o un segnale di errore sono rilevati, particolarmente in sede dicontrollo di buon funzionamento, lo strumento non deve fornire un risultato che possa essere considerato valido.Pertanto, alla luce del descritto e dettagliato coacervo normativo, è evincibile che la effettiva legittimità dell’esecuzione dell’accertamento mediante etilometro non può prescindere - come prospettato dal ricorrente ed invece escluso dal giudice di appello - dall’osservanza di appositi obblighi formali, dalla cui violazione può discendere l’invalidità dell’accertamento stesso, quali, in particolare, l’attestazione - all’atto del controllo - dell’avvenuta preventiva sottoposizione dell’apparecchio alla prescritta ed aggiornata omologazione oltre che alla indispensabile correttacalibratura (da riportare sul libretto di accompagnamento), tali da garantire l’effettivo "buon funzionamento" dell’apparecchio e, quindi, la piena attendibilità del risultato conseguito attraverso la sua regolare utilizzazione. Da ciò deriva che il verbale di accertamento deve contenere - anche per garantire l’effettività dellatrasparenza dell’attività compiuta dai pubblici ufficiali - l’attestazione dei dati relativi allo svolgimento dei suddetti adempimenti in modo tale da garantire la controllabilità della legittimità della complessiva operazione di accertamento. Ed è indubbio che l’onere della prova circa il completo assolvimento dell’espletamento della evidenziata attività preventiva strumentale ai fini della legittimità - e, quindi, della piena attendibilità - dell’accertamento non può che competere all’opposta Pubblica Amministrazione, siccome attinente al fatto costitutivo della pretesa sanzionatoria costituente oggetto del giudizio di opposizione instaurato o ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6 o ai sensi dell’art. 7. Del resto, il percorso logico e l’esito delle illustrate argomentazioni - fondate, come visto, nelle previsioni del diritto positivo - trovano supporto anche nel principio - valorizzabile in sensogenerale (ancorchè riferito alla legittimità o meno dell’attività di accertamento mediante lo strumento di rilevamento elettronico della velocità ) - fissato dalla Corte costituzionale nella recente sentenza n. 113 del 2015, con cui è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 3 Cost., del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 l’art. 45, comma 6 (cod. strada), nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti divelocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.Secondo il Giudice delle leggi, la disposizione censurata, così come risultante dall’interpretazione del "diritto vivente" sviluppatosi in merito (nel senso, cioè, di esonerare i soggetti utilizzatori dall’obbligo di verifiche periodiche di funzionamento e di taratura delle apparecchiature impiegate nella rilevazione della velocità ), deve ritenersi contraria, infatti, con il principio di razionalità , sia nel senso di razionalità pratica, ovvero di ragionevolezza, sia nel senso di razionalità formale, cioè del principio logico di non contraddizione. In particolare, il richiamo della Corte costituzionale al canone di "razionalità pratica" è stato effettuato per affermare che "qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, è soggetto a variazioni delle sue caratteristiche e quindi a variazioni dei valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie componenti e ad eventi quali urti, vibrazioni, shock meccanici e termici, variazioni della tensione di alimentazione", eventualità queste che rendono intrinsecamente irragionevole l’esonero delle apparecchiature da verifiche periodiche. E’, infatti, proprio l’affidabilità dell’omologazione e la taratura di detti apparecchi a giustificare, in considerazione delle esigenze di tutela della sicurezza stradale, che le risultanze degli stessi costituiscono fonte di prova della violazione, senza che l’inerente onere probatorio (pressochè diabolico) di dimostrare il cattivo funzionamento dell’apparecchiatura possa gravaresull’automobilista dando luogo ad una presunzione (quasi assoluta) in danno dello stesso. Il corretto bilanciamento - secondo il Giudice delle leggi - delle esigenze coinvolte richiede, quindi, perchè possa farsi "ragionevole affidamento" sugli apparecchi in questione (e, nel caso esaminato dai giudici della Consulta, sugli autovelox), precise garanzie in ordine alla custodia ed alla permanente funzionalità delle apparecchiature e, quindi, la sottoposizione delle stesse a "verificheperiodiche di funzionalità e di taratura. L’impianto argomentativo fatto proprio dalla Corte costituzionale è opportunamente ispirato ad evidente buon senso e alla concretizzazione della tutela del generale principio di affidamento dell’utente nell’attività della P.A., tradotto in principi giuridici attraverso il canone di razionalità ,enunciato e coniugato in modo chiaro allo scopo di realizzare un ragionevole bilanciamento dell’interesse a garantire un elevato livello di tutela della sicurezza, ma anche i diritti del cittadino, che non può certo rimanere esposto ad un’incontrollabile attività della P.A. per il tramite dei suoi organi accertatori, profilandosi incomprensibile ed ingiustificabile la mancata previsione di controlliperiodici degli apparecchi, da cui deriva in modo consequenziale - l’obbligo per gli agenti preposti all’accertamento di attestare appositamente che le relative attività preventive siano state regolarmente compiute, secondo le prescrizioni imposte dalla legge.