UN PARERE NON FA PRIMAVERA...
Desta perplessità e stupore il parere reso dalla Direzione Generale per la sicurezza stradale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nella persona del Direttore Generale Dott. Ing. Giovanni Lanati, con comunicato 8176 pubblicato sul sito del MIT in data 11.11.2020.
Secondo convinzione personale e istituzionale espressa dal Dr. Ing. Lanati le procedure di omologazione e di approvazione di tutti i dispositivi e i sistemi di regolazione e controllo della circolazione stradale (autovelox, telecamere, Ztl, photored, etc.) sarebbero del tutto “equivalenti”.
Secondo il Direttore Generale basterebbe, dunque, la sola procedura di approvazione per validare l’efficacia dei dispositivi ai fini dell’accertamento delle infrazioni stradali !
Ciò affermato in netto e manifesto contrasto con orientamento consolidato formatosi in materia di cui alle sentenze della Corte di Cassazione Civile n. 29334 del 2008, Corte di Cassazione Civile n. 15042/2001, Corte di Cassazione n. 21267/2014, oltre che pedisseque sentenze n. 1731/2018 del Giudice di pace di Padova e la 48554/2019 del Giudice di pace di Milano, Giudice di Paece di Alessandria 531/2019, Giudice di Pace di Treviso Dr. L. Rizzo nn. 430 e 703 del 2020).
Ben noti e consolidanti i principi costituzionalmente garantiti della separazione dei poteri, della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, della gerarchia delle fonti di diritto, e ulteriori significative sfumature lessicali che, a quanto pare, sembrano essere sfuggite all’attenzione del Dirigente nella stesura del richiamato "parere".
Orbene. Le motivazioni addotte nel “parere” reso dal Dr. Ing. Lanati non possono certo travolgere i principi cardine che reggono il nostro ordinamento giuridico, mediante pubblicazione di un comunicato del MIT che si aggrappa, in utima ratio e con evidente forzatura del diritto, su errate speculazioni lessicali in alcun modo condivisibili, per non ammettere l’enorme lacuna ad oggi presente nel nostro sistema e relative conseguenze.
Non è certo il modo corretto di affrontare e risolvere la lacunosa questione.
Contrariamente a quanto asserisce il MIT le apparecchiature risultano solamente approvate, non anche omologate, non essendo funzionali ed efficaci ai fini dell’accertamento. Richiamato l’articolo 142 comma 6 del Codice della Strada, “per la determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate”. La norma non dice “omologato o approvato” e nemmeno omologato il solo prototipo! Tutte le apparecchiature devono dunque essere omologate! E l’articolo 192 comma 2 del regolamento d’attuazione del CdS, in merito alla richiesta di omologazione o approvazione dei dispositivi ricorda che “l’Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale del ministero dei Lavori pubblici accerta [...] la rispondenza e la efficacia dell'oggetto di cui si richiede l'omologazione alle prescrizioni stabilite dal presente regolamento, e ne omologa il prototipo quando gli accertamenti abbiano dato esito favorevole”. Non e/o la approvazione.
Nello specifico l’omologazione ministeriale rappresenta l’unico atto ministeriale e procedurale attraverso il quale il Ministero consente la riproduzione in serie del prototipo omologato di un prodotto testato in un laboratorio ministeriale. Ha validità pari a 5 anni ed è estendibile con rinnovo quinquennale.
L'atto di omologazione – non la mera approvazione - è dunque necessario per la riproduzione del prototipo testato e per la sua immissione sul mercato. A tal proposito l’art. 192 comma 7 del regolamento CdS sancisce che “su ogni elemento conforme al prototipo omologato o approvato deve essere riportato il numero e la data del Decreto Ministeriale di omologazione o di approvazione e il nome del fabbricante”. Orbene, al giorno d’oggi non risulta essere mai stato pubblicato alcun decreto relativo all’omologazione degli autovelox e di nessun altro strumento sanzionatorio, nemmeno per la segnaletica stradale. Ne deriva, pertanto, che agli esiti dei rilievi effettuati sul fatto sanzionato non possa attribuirsi alcuna valenza giuridica!
Gli organi accertatori che utilizzano gli strumenti sanzionatori dovrebbero, prima del loro utilizzo, verificare che il D.M. di omologazione sia stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, se realmente siano state effettuate tutte le verifiche annuali e la calibrazione come prestabilito dalle norme italiane, europee e internazionali, che siano state effettuate ogni anno le dovute manutenzioni (da non confondere con l’autodiagnosi) e che prima dell’utilizzo sia stato verificato il corretto funzionamento.
Tutto questo ai fini della verifica in ordine alla permanente corretta funzionalità e fruizione dello strumento.
Ma questo Decreto Ministeriale di omologazione non esiste e, a ben vedere, non ci sono neppure i decreti di approvazione.
Di conseguenza nessun impianto semaforico, o strumento di misura e rilevamento di velocità e/o tasso alcolemico, finanche la segnaletica stradale può essere commercializzato, né installato, né utilizzato.
Giova tra l’altro ricordare che l’omologazione non è solo un atto amministrativo, ma è anche un atto tecnico complesso atto a garantire che uno strumento, come l’autovelox o l'etilometro, sia corretto e preciso nel suo risultato finale fornito od ottenuto.
Le società produttrici delle apparecchiature come autovelox, photored, telecamere, etilometri, ecc. non dispongono del D.M. di omologazione, ad oggi mai emanato e inesistente, avendo ottenuto soltanto una mera Determina Dirigenziale firmata dal dirigente del MIT. Questa determina, si precisa, non certifica il rispetto dei requisiti tecnici circa l’attendibilità funzionale dello strumento al fine di ottenere l’omologazione.
Tali requisiti tecnici andrebbero infatti verificati solo attraverso prove tecniche e di comparazione di cui il ministero non può occuparsi direttamente essendo pure, per quanto ci risulta, sprovvisto dell'epposito laboratorio per effettuare tali prove.
In definitiva la Determina Dirigenziale non è e non va in alcun modo confusa con il Decreto Ministeriale di omologazione da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale, come prevede il citato art. 192 comma 7 CdS, né può, ovviamente, "scavalcarlo".
Si ritiene aver chiarito una volta ancora in cosa consista l’omologazione dei dispositivi e dei sistemi di regolazione e controllo della circolazione stradale, e perché tutti gli strumenti attualmente in uso ne siano oggettivamente privi.
Ritornando al punto iniziale, non vanno in alcun modo considerate equivalenti le procedure di omologazione e di approvazione come contrariamente e artatamente sostenuto nella comunicazione del MIT dello scorso 11.11.2020,
Le affermazioni rese dal Dr. Ing. Lanati nella sua funzione istituzionale sono, a ben vedere, di una gravità sconcertante per l’assoluta carenza di fondamento in fatto e in diritto e per l’evidente tentativo di voler aggirare, utilizzando in modo inopportuno impossibili equiparazioni lessicali, portata e valenza delle norme dettate in materia, pur convalidate e correttamente interpretate dalla Corte di Cassazione e da diverse pedisseque pronunce di merito.
Evidente la forzatura propugnata nel "parere" del MIT basata su errata '‘equiparazione" lessicale di due terminologie diverse.
Un dispositivo, uno strumento o un materiale può essere nel suo complesso sia omologato che approvato in quanto le procedure seguono strade diverse (magari poi giungono allo stesso obiettivo ma sono diverse). In un’automobile, per esempio, le singole parti che la compongono, come i fari, gli pneumatici o le cinture di sicurezza, devono essere omologate da un ente pubblico a cià preosto e legittimato. Ma le alette parasole, le maniglie e lo sportellino porta oggetti non sono omologati ma semplicemente approvati dal costruttore, in quanto non devono soddisfare requisiti di legge.
Pertanto ove l’art. 45 comma 6, citato dal MIT nella sua nota, riporta che i dispositivi per l'accertamento e il rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione “sono soggetti all'approvazione od omologazione”, ci si deve riferire proprio a una distinzione di questo tipo, non anche ad una impropria ed errata equiparazione dei termini e delle relative correlate e difformi procedure di riferimento.
Resta dunque assodato, ex art. 142 comma 6 C.d.S., che per la determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità o per il rilevamento del tasso alcolemico sono considerate fonti di prova, validemante opponibili agli utenti stradali, le sole risultanze acquisite da apparecchiature "debitamente omologate".
Va infine considerato un altro fondamentale dirimente profilo: tutte le omologazioni degli strumenti di misura (come etilometro, autovelox, photored, ZTL, semafori, etc.) sono delegate e attribuite, in forza di leggi imperative dello stato italiano e delle recepite direttive europee emanate in materia, in capo al MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) e non anche del MIT, come è avvenuto con il cronotachigrafo che fa parte dello stesso art. 142 C.d.S.
Sul punto è pure intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22158/2012 e la Corte dei Conti, con condanna della PA per aver utilizzato strumenti non omologati o approvati e non in regola con le norme del codice della strada.
Non è dunque dato comprendere come possano essere sfuggite al Dr. Ing. Giovanni Lanati, nel suo ruolo istituzionale garantista e di riferimento, tutte queste articolate pur specifiche componenti tecniche e normative, anche a valenza europea, come sancite, imposte e recepite a garanzia e tutela della sicurezza stradale e degli utenti, atteso quanto più volte già chiarito e ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione.
(In ALLEGATO il comunicato del M_INF.SISTRA.REGISTRO UFFICIALE.U.0008176.11-11-2020)