Con sentenza n. 24418, depositata il 2 dicembre 2010 la Suprema Corte di Cassazione a Sezione Unite ha dato risposta a due fondamentali questioni di diritto:
1) se l’azione di ripetizione dell’indebito proposta dal cliente di una banca, che sostenga la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi (c.d. anatocismo bancario) e il suo diritto alla ripetizione, si prescriva a partire dalla data di chiusura del conto, oppure, separatamente per ogni posta, da quando sia stato annotato in conto ciascun addebito per interessi;
e
2) se, accertata la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale gli interessi passivi addebitati dalla banca debbano essere computati con capitalizzazione annuale o senza alcuna capitalizzazione.
Secondo le Sezioni Unite la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del correntista bancario va esclusa anche con riguardo al periodo anteriore alle decisioni con le quali la Corte, con sentenza a Sezione Unite 4 novembre 2004, n. 21095, ha accertato l’inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare al precetto dell’art. 1283 c.c., confermando la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi a carico del cliente ed il diritto dello stesso alla ripetizione di quanto indebitamente versato a titolo di interessi illegittimamente addebitati dalla banca.
In tema di prescrizione la Corte ha affermato che se l’azione di nullità è imprescrittibile, altrettanto non può sostenersi – come previsto dall’art. 1422 c.c. – per le conseguenti azioni restitutorie. Da ciò la necessità di individuare esattamente il dies a quo del termine di prescrizione decennale applicabile alla condictio indebiti.
Per gli Ermellini: “Se, dopo la conclusione di un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, il correntista agisce per far dichiarare la nullità della clausola che prevede la corresponsione di interessi anatocistici e per la ripetizione di quanto pagato indebitamente a questo titolo, il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati”.
In relazione alla capitalizzazione trimestrale, per gli Ermellini non sussiste un uso normativo atto a giustificare, nel settore bancario, una deroga ai limiti posti all’anatocismo dall’art. 1283 c.c. non essendo tale pratica normotipizzata.
Un uso relativo alla capitalizzazione degli interessi trimestrali è stata una diffusa consuetudine, non accompagnata dalla opinio uris ac necessitatis, non anche estesa alla capitalizzazione annuale degli interessi debitori.
Su tali basi, secondo le Sezioni Unite: “L’interpretazione data dal Giudice di merito all’art. 7 del contratto di conto corrente bancario, stipulato dalle parti in epoca anteriore al 22 aprile 2000, secondo la quale la previsione di capitalizzazione annuale degli interessi contemplata dal primo comma di detto articolo si riferisce solo ad interessi maturati a credito del correntista, essendo invece la capitalizzazione degli interessi a debito previsto dal comma successivo su base trimestrale, è conforme ai criteri legali di interpretazione del contratto, ed in particolare, a clausole: con la conseguenza che, dichiarata la nullità della surriferita previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. (il quale osterebbe anche ad un’eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna.”