Per laCorte Costituzionale, in base a sentenza del 29 novembre 2019, n. 245,  nonconvince l’affermazione di principio che assegna natura eccezionale alla regoladella falcidiabilità dell’IVA, attualmente prevista dall’art. 182-ter dellalegge fallimentare, anche in sede di concordato preventivo (sul punto, lesentenze della Corte di cassazione, sezioni unite, n. 760 del 2017 e n. 26988del 2016). Tale ultima disposizione non prevede letteralmente lapossibilità di procedere ad una soddisfazione parziale dell’IVA; piuttosto, nonreplica più l’originale divieto di falcidia previsto, tra gli altri, per taletributo, in un quadro di generale falcidiabilità dei crediti tributari,chirografari e privilegiati.L’art. 182-ter della legge fallimentare non detta,dunque, una specifica regola che possa, in via di eccezione, derogare ad unprincipio generale. Costituisce, per contro, diretta espressione di una indicazionegenerale, altro non rappresentando che una diretta declinazione, in relazionealle pretese tributarie, della regola della falcidiabilità dei creditiprivilegiati, prevista dall’art. 160, comma 2, della stessa legge in tema diconcordato preventivo. Principio, quest’ultimo, che, come già rimarcato, deveritenersi espressione tipica delle procedure concorsuali, maggiori o minori,con finalità esdebitatoria, tanto da risultare replicato anche per glistrumenti di definizione anticipata delle situazioni di sovraindebitamentoprevista dalla legge n. 3 del 2012. L’accoglimento della questione porta,in coerenza, all’ablazione delle parole «all’imposta sul valore aggiunto» dalterzo periodo del comma 1 dell’art. 7 della legge n. 3 del 2012.